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BASI MILITARI IN ITALIA

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view post Posted on 19/3/2011, 16:20     +1   -1




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Aeroporto di Brescia-Ghedi



L'aeroporto Luigi Olivari di Brescia-Ghedi è un aeroporto militare utilizzato dal 6º Stormo dell'Aeronautica Militare con il 102º Gruppo (Papero incazzato), il 154º Gruppo (Diavoli Rossi) e il 156º Gruppo (Le linci) equipaggiati con Tornado IDS. A Ghedi sono conservate tra 20 e 40 bombe atomiche americane B61.[1]

Comandante della base è il colonnello Francesco Vestito.

Nel settembre 1909 tra Ghedi e Montichiari fu organizzata l'International Air Race a cui parteciparono, tra gli altri, i fratelli Wright, Curtis, Calderara, Rougier e Leblanc; Gabriele d'Annunzio ottenne il record d'altitudine con 198 m. Qui vi fu la prima vittima della Regia Aeronautica: lo studente Enea Rossi. È l'inizio dell'aeronautica a Ghedi.

Nella prima guerra mondiale Ghedi fu importante per la difesa di Brescia e provincia che fu assegnata nel 1916 al 75º Gruppo. Ghedi, insieme a Ganfardine fu una pista di decollo per i ricognitori SVA e Pomilio che dovevano fotografare le infrastrutture nemiche. Il 21 maggio 1918, due SVA dell'87ª Squadriglia arrivarono fino Friedrichshafen, in Germania, dove venivano costruiti gli Zeppelin.

Nella seconda guerra mondiale, Ghedi fu sede della Scuola di Pilotaggio di 2º periodo per il bombardamento e lì si trovavano i bombardieri Fiat B.R.20 e CANT Z.1007; poi, dal 1943, durante l'istituzione della Repubblica Sociale Italiana ospitò aerei da caccia con compiti di difesa aerea per l'Aeronautica Nazionale Repubblicana.

In questi anni la base di Ghedi fu molto attiva. Vi transitavano reparti da caccia, dotati di Fiat G.55 e Macchi M.C. 205 Veltro. Nel 1944 l’aeroporto fu ristrutturato completamente dall’Organizzazione Todt: si costruirono piste, raccordi, piazzole, paraschegge, officine, bunker per una lunghezza di 65 chilometri. Le piste di Ghedi e Montichiari furono collegate dal cosiddetto “raccordo tedesco”, costruito in lastroni di cemento, tuttora in parte presente ma che verrà smantellato a breve. Furono poi aggiunte difese contraeree e postazioni di mitragliatrici. Si diffusero voci secondo le quali a Ghedi venivano sperimentati velivoli a reazione tedeschi e un'area dell'aeroporto fosse usata per il lancio delle V1. I tedeschi ordinarono ad un proprio aereo di sorvolare Ghedi per scoprire cosa potesse avvalorare quell'ipotesi: era un effetto ottico che non fu eliminato per creare confusione ai nemici,[2]. Dal documentario Tunnel Factories del regista Mauro Vittorio Quattrina (prod. 2010) si apprende che in realtà tutt'oggi, a sud-sud est della fattoria Prandoni posta al limite meridionale dell'attuale pista di Ghedi, è possibile notare una struttura abbandonata con 18 piloni di sostegno, delle specie di cubi di cemento, ai quali veniva avvitata la tralicciatura metallica della rampa di lancio delle V-1, una struttura molto simile ad altre stazioni di lancio in Francia e Germania. Un documento segreto declassificato dei servizi segreti americani nota attività di "V-1" all'aeroporto di Ghedi (così come sul lago di Misurina). Non solo, ma lo scavo del perimetro nel quale è situato questo manufatto è realizzato in come una specie di vasca facilmente riempibile d'acqua, fatto che si ripete in altre basi di lancio v-1, realizzato per confondere la fotoricognizione aerea. Il manufatto tuttora presenta alcune tracce di mimetizzazione giallo sabbia e verde scuro e la struttura imponente in cemento si presenta come la copia quasi esatta del sito V-1 di Eperlecques (F).

Contemporaneamente si stabilirono a Ghedi reparti della Luftwaffe: la 1ª Squadriglia dello Stabgruppe I equipaggiata con Junker Ju 88 e il Nachtschlachtgruppe 9 (Gruppo da combattimento notturno 9) con i suoi Junkers Ju 87D. Ghedi non fu tuttavia mai utilizzata dai Messerschmitt Me 262.

Furono poi trasferite a Ghedi due squadriglie di Messerschmitt Bf 109 tedeschi, che vi rimasero da giugno a settembre, per poi essere fatti rientrare in patria per la difesa della Germania.

Da Villafranca e Ghedi ogni giorno partivano caccia italiani, per poi atterrare e sparire sotto i rifugi. Erano riforniti da autobotti giunte all’aeroporto nottetempo, con i fari spenti ed erano così pronti a volare l'indomani. Gli alleati attaccarono più di trenta volte la base, ma i danni non furono mai gravi grazie ad accorgimenti semplici ma efficaci: i velivoli venivano parcheggiati sotto gli alberi, coperti da reti e da frasche o negli hangar già semidistrutti. Inoltre sagome di legno e cartone erano posizionate ai fianchi della pista. Gli avieri si rifugiavano nei bunker, e, se degli aerei venivano colpiti, davano fuoco a degli stracci per far credere al nemico di averli incendiati.


Due Tornado IDS del 6º Stormo di stanza a Ghedi.Alla fine della seconda guerra mondiale l'aeroporto di Ghedi era in pessime condizioni, a causa degli attacchi alleati e delle mine fatte brillare dai tedeschi: vi erano dieci crateri di otto metri di diametro. Il 29 aprile 1945 la V armata americana occupò il campo che lo trasformò in parte in campo di concentramento per POW tedeschi, e fu riattivato nel 1951 come sede del 6º Stormo dell’Aeronautica Militare, prima dotato di P-51 Mustang, poi dei jet britannici Vampire, utilizzati fino al 1952.

All'inizio degli anni cinquanta la base venne intitolata alla Medaglia d'Oro al Valor Militare tenente Alfredo Fusco; la pista di volo venne ristrutturata per poter essere utilizzata dai moderni jet.

Ghedi ospitò gli F-84 fino al 1962 che furono poi sostituiti dagli F-104 Starfighter e, infine, dai Tornado IDS.

A Ghedi il 154º Gruppo occupa la zona nord dell'aeroporto dove si trova un bunker che ospita il Comando, la Sala Operativa, la Sala Navigazione e gli altri uffici. Vi è poi un hangar per i velivoli in manutenzione. Gli aerei operativi sono sparsi sul sedime negli shelter per essere riparati dagli attacchi.

Secondo un rapporto statunitense del Natural Resources Defence Council, nella base di Ghedi, secondo il concetto NATO di Nuclear sharing, sarebbero conservate 20-40 bombe atomiche B61-4 di potenza variabile tra 45 e 107 chilotoni


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Aeroporto di Cameri



L'aeroporto di Cameri è uno scalo militare che nella storia è stato sede di vari reparti aerei, ultimo dei quali fu il 53º Stormo, sciolto il 28 luglio 1999. Attualmente ospita il 1º Reparto manutenzione velivoli.

L'aeroporto di Cameri (in camerese al camp d'aviazioch) vede le sue origini nel 1909 grazie all'opera dell'ingegnere francese Clovis Thouvenot. Successivamente a Thouvenot, si insedia nell'area Giuseppe Gabardini che promuove e sviluppa le attività aeronautiche soprattutto con la creazione di una scuola di volo grazie alla fondazione della Aeroplani Gabardini-Officine e scuola di volo-Aerodromo Cameri. Nel 1930 la scuola cessa la sua opera su disposizione di Italo Balbo che mal tollerava una scuola di volo civile, ma il campo rimane funzionante come officina aeronautica. Durante la seconda guerra mondiale, dopo l'8 settembre 1943, l'aeroporto viene occupato dai tedeschi che cercano di potenziarne la struttura iniziando la costruzione di due nuove piste in cemento. L'11 aprile 1945 la Luftwaffe abbandona Cameri facendo saltare le piste e gli edifici con l'eccezione dell'edificio di Comando. Nel dopoguerra comincia la ricostruzione che porterà la base aerea ad ospitare diversi reparti, tra i quali la pattuglia acrobatica dei Lanceri Neri (in prossimità dell'ingresso dell'aeroporto campeggia un aereo North American F-86 Sabre che fu in carico ai Lanceri) e dal 1967 al 1999 il 53º Stormo Caccia. Oggi l'aeroporto di Cameri è sede del 1° RMV (Reparto manutenzione velivoli) che si occupa della manutenzione dei Panavia Tornado e degli Eurofighter Typhoon. L'aeroporto è inoltre utilizzato come base d'appoggio per il collaudo degli elicotteri Agusta.

Nome impianto Aeroporto di Cameri
Natale e Silvio Palli
Tipologia Militare
Esercente Aeronautica Militare
Stato Italia
Regione Piemonte
Posizione 1 km a NE di Cameri
Altitudine AMSL 160 m
Coordinate 45°31′48″N 08°40′09″E



Base aerea di Aviano



La Base aerea di Aviano (in inglese Aviano Air Base o semplicemente Aviano AB) è un aeroporto militare utilizzato dall'USAF. Si trova nel comune di Aviano, in Friuli-Venezia Giulia, nell'Italia nord orientale, ai piedi delle Prealpi Carniche, circa 15 chilometri a nord di Pordenone. Nella base ha sede il 31st Fighter Wing, dell'aeronautica militare statunitense e dal 1992 al 1 novembre del 2005, fu il quartier generale della Sixteenth Air Force, che ora si trova a Ramstein.

Quello di Aviano è uno dei più vecchi aeroporti militari italiani: venne infatti realizzato per le nascenti forze aeronautiche militari del Regno d'Italia nel 1911. Già nel 1910, a poca distanza, in località Comina, alla periferia di Pordenone, era sorta la prima scuola civile italiana di aviazione. Constatata l'esigenza di creare una nuova scuola di volo, dopo Centocelle, lo Stato Maggiore dell'Esercito decise di utilizzare le praterie di Aviano, caratterizzate da terreno pianeggiante, assenza di ostacoli ed ottime condizioni atmosferiche quale sede del nuovo aeroporto. Con lo sviluppo dell'aeroporto militare, la Comina, dove si costruivano anche pezzi per aeroplani, divenne una dipendenza dell'aeroporto di Aviano.

Nel 1954, il governo statunitense e quello italiano firmarono un accordo (Status of Forces Agreement) per l'utilizzo congiunto della base che divenne così una base Nato. Il quartier generale della United States Air Forces in Europe ufficialmente attivava il campo aeronautico il 15 febbraio del 1955. Negli anni dal 1950 al 1990, Aviano ospitava a rotazione squadriglie di caccia, in supporto dei compiti assegnati alla Nato e dei dispiegamenti della Air Force con compiti di esercitazione nell'impiego delle armi. Durante lo stesso periodo la base è stata un avamposto nello scacchiere centro-meridionale orientale dell'Europa.
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L'unico aeromobile civile autorizzato a farvi scalo era quello delle Industrie Zanussi, la cui presidenza fino ai primi anni Ottanta era locata a Pordenone, a pochi chilometri di distanza.

Durante gli anni dal 1990 al 2005 la base ha ospitato aerei radar Airborne Warning and Control System (di pattuglia sul mare Adriatico), intercettori F-16 con il compito di difendere la base e l'Italia settentrionale, "gun-ship" montate su aerei da trasporto Hercules C-130, caccia-bombardieri F-15 ed aerei controcarro A-10 che hanno svolto compiti di bombardamento strategico e tattico nella ex-Jugoslavia (vedasi più sotto le voci "operazioni Allied e Deliberate Force").

Secondo un rapporto statunitense del Natural Resources Defence Council, nella base di Aviano, secondo il concetto NATO di Nuclear sharing, sarebbero conservate 50 bombe atomiche B61-4 di potenza variabile tra 45 e 107 chilotoni.
La base si può fotografare molto facilmente in giorni non troppo caldi (con macchine fotografiche ad alta risoluzione dotate di potenti tele-obiettivi), da vari punti sulla inerpicata strada di montagna che porta a Piancavallo, per questa ragione, nella base gli aerei sono tenuti in hangar sotterranei. Dall'alto della montagna, (altezze da 1 km a 2,5 km), si nota l'unica sua pista con raccordi formanti una "spada". Si notano inoltre altre enormi strutture facenti parte di altri enormi complessi che contengono i college e altre facilites.

Base Aerea di Sigonella



La Base Aerea di Sigonella è un'installazione militare composta dalla Naval Air Station Sigonella (abbreviata in NAS Sigonella o NASSIG), della Marina Statunitense e dall'aeroporto dell'Aeronautica Militare italiana, sede del 41º Stormo AntiSom.

È situata in Sicilia, tra i comuni di Lentini, Belpasso, Catania e Motta Sant'Anastasia, a 16 km dalla città di Catania.

La base si compone di due sezioni denominate NAS I, ricadente nel territorio di Motta Sant'Anastasia, e NAS II ricadente nella zona di confine dei restanti tre comuni, a circa 16 km ad ovest della città di Catania ed a 39 km a sud del vulcano Etna. Nel NAS I ha sede la parte più propriamente amministrativa della base, assieme alle scuole, l'ospedale, la stazione radiotelevisiva e le attività ricreative (centro commerciale, cinema-teatro, ristoranti, cappella interreligiosa, campi sportivi). Nel NAS II, hanno sede l'aeroporto e i restanti uffici, i grossi magazzini merci, i reparti operativi e altre attività ricreative minori (bar, clinica medica). Da essa dipendono alcuni distaccamenti, tra i quali il più importante è quello situato vicino a Niscemi, ove ha sede il Niscemi Naval Radio-Transmitter Facility, punto nevralgico per le comunicazioni radio della US Navy con tutte le proprie unità marine, terrestri e aeree nella zona del Mediterraneo.
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Il NAS II si trova nella parte ovest della grossa struttura aeroportuale, nella cui parte est ha, invece, sede l'aeroporto militare italiano (le sole piste sono in comune). Dal momento che si trova vicino al centro geografico del mar Mediterraneo, la base, soprannominata The hub of the Med, si trova in una posizione eccellente per sostenere le operazioni intraprese dalla Sesta Flotta U.S. NAVY, e da altre unità militari degli U.S.A. e della NATO nel Mediterraneo.

Tra le aeronavi che volano da questa base insulare vi sono aerei da trasporto dell'USAF, aerei da rifornimento in volo ed aerei-spia U-2. Più specificamente navali sono i P-3 Orion (anti-sommergibile) e, fino al 2006, erano presenti gli elicotteri navalizzati MH-53E "Sea Dragon" afferenti allo HC-4 (Helicopter Combat Support Squadron 4) "Black Stallion" della U.S. Navy; nel 2006, quest'ultimo reaparto venne ridispiegato nella base di Norfolk in Virginia e poi sciolto nel 2007. È uno dei punti di sosta più frequentemente adoperati dagli airlifters degli USA, nella rotta tra il CONtinente degli Stati Uniti (CONUS) - Sudovest dell'Asia e Oceano Indiano.

Attualmente ospita:

Uno squadrone di pattugliamento di P-3
La Stazione di Computer e Telecomunicazioni Navale (NCTS Sicily: Naval Computer and Telecommunications Station Sicily)
L'Ospedale Navale americano
Un battaglione mobile del Genio Navale (i cosiddetti Seabees, da CBs - Construction Battalions)
È la casa per più di 7000 militari, personale civile e familiari.

L'Aeroporto di Sigonella è intitolato al Capitano pilota Cosimo Di Palma, Medaglia d'oro al V.M.

La base dell'Aeronautica Militare italiana, è sede del 41º Stormo AntiSom "Athos Ammannato", con l'88° Gruppo Volo e l'86° C.A.E. (Centro Addestramento Equipaggi) con velivoli Breguet Br 1150 Atlantic e l'11° Reparto Manutenzione Velivoli.

La base di Sigonella classificata come United States Naval Air Facility (NAF), Sigonella, venne stabilita il 15 giugno del 1959; avendo come ufficiale in capo il capitano Walter J. Frazier. La stazione venne concepita nei primi anni 1950, quando i piani per dare alloggio agli aerei antisommergibile P-2 Neptune della US Navy, che in precedenza si trovavano a Hal Far, nell'isola di Malta, cominciarono ad evidenziare la necessità di maggiori spazi.

Quando divenne evidente la carenza di spazi a Malta, la U.S. Navy chiese l'appoggio della NATO per utilizzare una base in Sicilia. L'Italia concesse il territorio sotto un accordo temporaneo firmato il 25 giugno del 1957.

La costruzione dell'area amministrativa USA della NAF I venne cominciata nel 1958. Verso la fine 1959 (dopo sei mesi di lavori) gli edifici vennero completati. Verso la fine di agosto 1959, l'aeroporto NAF II era disponibile per il volo diurno (sotto le regole del volo a vista) (VFR); e si registrarono 24 voli il 31 agosto.

Uno dei primi edifici di Sigonella era quello che attualmente ospita la sede locale dello American Forces Network (AFN Sigonella). Nel 1958, lo stesso edificio era adibito a luogo di controllo della deratizzazione e del controllo di altri animali e insetti nocivi per la salute umana: all'epoca era ancora diffusa la malaria nella zona, al punto che i dipendenti italiani della base (ad oggi circa 800), ricevevano un'apposita indennità.

A causa della sua particolare posizione compresa tra i fiumi Dittaino a nord e Gornalunga a sud, la base è da sempre soggetta al rischio di inondazioni. La prima inondazione di Sigonella avvenne nel settembre del 1959. Il ponte Dittaino che unisce la NAF I e la NAF II si trovava sotto circa due metri d'acqua il 20 settembre dello stesso anno. Tutto il traffico dovette essere deviato attraverso Catania.

Nel 1980, Sigonella venne riclassificata come Naval Air Station.

È la più attrezzata base logistica in appoggio alla 6ª Flotta americana nel Mediterraneo. Il 1 aprile del 2004, la Defense Logistics Agency (DLA) istituì il "deposito difeso" Sigonella Italy nell'area NAS II per servire come base di rifornimento per il Mediterraneo. La DLA fornisce anche il carburante ed il deposito di proprietà della NAS II.

A partire dalla fine della guerra fredda e col presentarsi di nuovi scenari strategici concentrati nel medio-oriente e con differenti tipologie di minacce rispetto al passato, il NAS Sigonella ha conosciuto un inesorabile cambiamento di missione che ha portato, nel corso degli anni, ad un profondo impatto in termini di personale militare presente e mezzi dislocati in loco e utilizzati. Si è visto, così, lo scioglimento dello squadrone elicotteri HC-4, la partenza di un grosso contingente dei Seabees, la chiusura di diversi reparti dedicati alla lotta antisom, la chiusura delle attività nel distaccamento di Pachino RTS (Target Radar Site - nella zona di Ispica sede di un poligono di tiro per esercitazioni antisom), la drastica riduzione delle attività da parte dei bonificatori degli EODMU (EOD: Explosive Ordnance Disposal), prossimi pure loro, alla definitiva partenza. Nel contempo si è andata via via potenziando una serie di missioni operative strategiche che hanno visto e vedranno in Sigonella un punto nevralgico. Tra queste spiccano la missione telecomunicazioni (con la controversa installazione di una stazione del sistema di comunicazioni satellitari MUOS a Niscemi), la missione Trasporto e Logistica (col l'ammodernamento degli hangar e dei depositi merci), il pattugliamento e la ricognizione a largo raggio con aerei senza pilota (droni) del tipo Global Hawk, per i quali sono stati approntate le strutture.


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Base Tuono



La Base Tuono è stata una stazione dell'Aeronautica Militare a 1 570 metri s.l.m. sul monte Toraro, nei pressi del passo Coe, nelle vicinanze di Folgaria, in provincia di Trento.

La base fu attiva tra il 1966 e il 1977, ovvero in piena guerra fredda. Questa ospitava all'epoca missili in rampa, carri comando, carri radar. Qui erano inoltre attive tre aree di lancio dei missili Nike-Hercules.[1]

La base era inserita nel sistema di comando-controllo NATO, con altre 12 basi nel nord-est d'Italia. Qui vi operava il 66º Gruppo Intercettori Teleguidati (I.T.), con base logistica a Tonezza del Cimone, che aveva il compito di distruggere eventuali formazioni di bombardieri del patto di Varsavia, che avessero valicato il confine NATO.[1]

Nel 1978 il 66º Gruppo I.T. è stato sciolto ed il suo personale fu ridistribuito ad altre mansioni.
Dopo che la base versava in condizioni di abbandono da anni, nel 2003 l'amministrazione di Folgaria ha optato per una conserva e tutela dell'area, e il 3 ottobre 2010 si è potuto inaugurare a scopo museale, grazie anche alla Fondazione Museo Storico del Trentino, parte della base.[1][2] Si tratterebbe di un'opera di restauro unica in Europa di questo genere.[3]

L'ex base NATO è facilmente raggiungibile a piedi dalla malga Zonta in una decina di minuti. Altrimenti, vi sono dei parcheggi al passo Coe, da dove si può raggiungere la base.

Caserma Ederle

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Una enorme base, dentro e intorno alla quale gravitano circa 12mila tra militari e civili americani, i cui rapporti con le autorità italiane sono regolati da accordi e memorandum classificati (cioé riservati) risalenti al dopoguerra, ma continuamente aggiornati: questa è la Caserma Ederle di Vicenza che, insieme al vicino aeroporto Dal Molin, è al centro della querelle di questi giorni.
La Ederle è una caserma italiana a tutti gli effetti, con un comandante italiano dell'istallazione, un colonnello. Questi, secondo un organigramma americano, è sottocapo di stato maggiore, mentre il capo di stato maggiore è un colonnello Usa. Al di sopra di quest'ultimo ufficiale c'é un generale a due stelle americano che è il comandante generale della Setaf (Southern European Task Force), nonché il comandante di tutte le forze americane presenti a Vicenza. I rapporti tra il comandante italiano dell'installazione e i comandanti americani sono regolamentati, appunto, da atti classificati.

Nell'ambito della Setaf opera la 173^ brigata paracadutisti (Airborne) Usa, il reparto impiegato in Iraq tre anni fa e due anni fa in Afghanistan. Si tratta di una unità celebre negli Usa: il capitano Willard di 'Apocalipse Now', quello richiamato in servizio per recuperare, o uccidere, il Marlon Brando-Kurtz, è uno della 173^. In passato questa si chiamava 'Lyon Brigade' ed era organizzata su un solo grosso battaglione di fanteria, che esiste ancora con il nome di 1° battaglione del 508° reggimento paracadutisti, successivamente affiancato dal 2° del 503°. A seguito di una ristrutturazione, la Lyon è diventata 173^ brigata, che ha però anche altre forze in Germania.

L'aeroporto Dal Molin, distante 3-4 chilometri dalla Ederle, è invece uno scalo civile e militare, in passato utilizzato anche dalla Nato che poi ha detto di non essere più interessata all'istallazione; anche l'Aeronautica militare, che lo gestisce, sarebbe intenzionata a dismetterlo. Il comandante è un ufficiale dell'Aeronautica. Proprio il Dal Molin, essendo la Ederle congestionata, dovrebbe ospitare il terzo battaglione della 173^, di stanza in Germania, che verrebbe così riunita in Italia. L'aeroporto non verrebbe impiegato - né potrebbe, per le sue caratteristiche tecniche - per la partenza dei parà americani nelle missioni all'estero: a questo scopo i soldati Usa utilizzano l'aeroporto di Aviano.
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La Ederle è una sorta di città a stelle e strisce: ospita il comando Setaf, a livello divisionale; il comando della 173^, i due battaglioni che la compongono e diverse altre unità. C'è ad esempio un reparto Genio, con macchine movimento terra e altri mezzi, una batteria da artiglieria con cannoni aviotrasportabili da 105 mm. Fondamentale è poi l'Area Support Group (Asg), una unità a livello reggimento che gestisce tutta la base, dagli aspetti logistici a quelli amministrativi. Il comandante della Asg, un colonnello americano, ha alle sue dipendenze anche molti civili americani (e anche diverse centinaia di italiani), che gestiscono gli spacci, la banca, la barberia, e tutto il 'life support'. E' un ufficiale-chiave e, non a caso, lo chiamano il 'sindaco della Ederle'.

Nella caserma si trovano anche un asilo, scuole elementari e medie e un distaccamento di una università americana. Il tutto a disposizione dei figli dei militari e dei civili Usa che, con l'ampliamento, potrebbero diventare 3.000-3.500 in più. I militari americani di stanza a Vicenza - a parte i mezzi del Genio - possono contare essenzialmente solo su altri veicoli per il trasporto di materiale e truppe e su due velivoli C12 da otto posti, a disposizione del comandante; nessun mezzo da combattimento pesante. Le armi sono quelle da reparto e individuali, oltre ad alcuni cannoni da 105 millimetri.

Dentro la base gli americani possono solo fare esercitazioni 'in bianco', cioè senza proiettili reali. Nel caso di attività addestrative a fuoco nei poligoni italiani, si deve seguire un determinato iter per ottenere l'autorizzazione dalle autorità competenti. Nella Ederle, dove i militari italiani dell'Esercito sono pochi (una dozzina), è presente anche un reggimento di carabinieri (alcune centinaia di uomini). Questi si occupano anche della scorta dei parà Usa quando questi devono uscire armati per svolgere esercitazioni.

Camp Darby



È situata nel territorio comunale di Pisa, alle spalle della frazione di Tirrenia e non distante dal porto di Livorno.

La base nasce nel 1951 grazie ad un accordo tra Italia e Stati Uniti che consegnò mille ettari di pineta toscana all'esercito americano per la costruzione della base militare. La base deve il suo nome al brigadiere generale William O. Darby, fondatore del Corpo dei Rangers USA, basati sul modello dei commandos britannici, ucciso da artiglieria nemica il 30 aprile 1945 sulle rive del Lago di Garda dove si trovava in qualità di vice comandante della X Divisione da Montagna. La piazza principale di Camp Darby è dedicata alla memoria del Soldato Scelto Masato "Curly" Nakae, che combatté durante la seconda guerra mondiale nelle vicinanze di Pisa con il 442° Regimental Combat Team ed il 100º Battaglione di Fanteria, composto da giapponesi naturalizzati americani, detti Nisei, guadagnandosi la Medaglia d'onore per i suoi atti eroici.
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La vicinanza di un canale navigabile (il Canale dei Navicelli), della ferrovia (entrambi si estendono fin dentro la base) e dell'autostrada, permettono un facile e veloce collegamento sia con il porto di Livorno che con l'aeroporto militare di Pisa agevolando lo spostamento di mezzi, attrezzature e uomini, facendo sì che la base sia considerata dall'US Army il distaccamento logistico più importante d'Europa. È considerato il più grande deposito di munizioni dell'esercito USA al di fuori del territorio statunitense[senza fonte].

Sul Litorale pisano, Camp Darby dispone anche dell'American Beach, l'unica spiaggia statunitense in Europa

Oleodotto NATO Petroleum, Oil and Lubrificant



L'oleodotto Nato-Pol (acronimo che sta per Petroleum Oil Lubrificant) è un sistema completo di terminal marini, depositi di stoccaggio sotterranei e gruppi di pompaggio costruito negli anni sessanta allo scopo di alimentare, almeno per quanto riguarda la rete italiana, con carburante per aerei e mezzi terrestri alcuni aeroporti militari principali situati nel nord-nord est.

L'oleodotto attraversa i confini nazionali per coprire l'intero continente europeo: un braccio arriva fino in Germania, passando attraverso l’Austria. Un terminale della rete si trova a Lisbona, nel porto della capitale portoghese, dove c’è un molo dedicato al sistema Nato-Pol. Altri depositi sono in Gran Bretagna.


La frazione italiana della rete, denominata North Italian Pipeline System, e finanziata intermente con contributi della NATO, raggiunge le basi di Ghedi (in provincia di Brescia, tuttora sede del 6º Stormo), Villafranca (Verona, all'epoca sede della 3ª AeroBrigata ed oggi del Reparto Mobile di Supporto), Istrana (Treviso, sede del 51º Stormo), Aviano (Pordenone, utilizzata dagli americani), Rivolto (Udine, sede delle Frecce Tricolori), Cervia (Ravenna, base del 5º Stormo), Sigonella[senza fonte] e altre basi strategiche. La rete militare di pipe-line attraversa 6 regioni italiane, 17 province e 136 comuni, dividendosi in tre rami, dal terminale marino della Spezia alle aree Pol di Udine e San Giorgio di Cesena (Forlì-Cesena), passando per il nodo di Collecchio (Parma), per un'estensione pari a circa 900 chilometri di condutture.

La portata dell'oleodotto nella parte italiana raggiunge un massimo di 1 milione e 600 mila litri al giorno (dato al 1999, in piena guerra in Kosovo).

Inizialmente coperta da segreto di Stato, la rete italiana di oleodotti fu portata all'attenzione dell'opinione pubblica solo inizi del 2007, allorché dietro pressanti richieste il Governo italiano ammise, anche se ufficialmente non vi era più posto il segreto militare, l'esistenza di questa rete di oleodotti sul territorio nazionale.
La gestione dell'impianto in Italia è affidata alla società privata IG Infrastrutture e Gestioni S.p.A. di Roma, controllata dalla holding francese Technip.

Base aerea di Sciacca



La Base aerea di Sciacca fu un aeroporto militare della Seconda guerra mondiale (1940-1943). Esso si trovava a Nord di Sciacca, in provincia di Agrigento, nella Piana di Misilifurne.

La Base aerea di Sciacca nacque a seguito di un pretesto dello Stato italiano nel 1939 per la realizzazione di un Progetto agricolo nell'ambito della protocoltura della zona, indennizzando i proprietari del terreno.

Nel 1940 tutta la zona pianeggiante fu coltivata ad ulivi ed uliveti lungo tutto il perimetro della futura base militare.
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Allo scoppio della Seconda guerra mondiale (10 giugno 1940), nelle zone pianeggianti coltivate a prato furono costruite delle piste, mantenendo intatta tutta la coltivazioni degli uliveti ed il pascoli circostanti, mimetizzando e proteggendo gli aerei nei parcheggi. Diverse abitazioni delle contrade circostanti vennero requisite, prima, dal Comando Italiano; e successivamente, nel 1941, dal comando Tedesco, per i servizi aeroportuali.

Gli avieri e sottufficiali risiedevano in capannoni costruite all'ombra degli Ulivi, perfettamente mimetizzati. Ed alcuni altri Ufficiali risiedevano anche nella Città di Sciacca.

In diverse aree furono costruiti delle mura antischegge, in protezione dai proiettili.

La base rimase nascosta e mimetizzata per ben 3 anni, dal 1940 al 1943, tanto da essere menzionata come Aeroporto fantasma, sfuggendo alle incursioni aeree dei nemici che sorvolavano altri aeroporti della Sicilia, facilmente individuabili. Diversi i compiti affidati ai mezzi della Base, tra i quali:

Ricognizione marina anti som
Caccia scorta ai convogli navali ed aerei
Trasporto truppe e materiale (Africa settentrionale)
Bombardamento terrestre su Malta
Bombardamento anti nave
Caccia notturna
La posizione strategica della Base militare di Sciacca, al centro del Mediterraneo, ne fecero un punto di riferimento delle forze aeree impegnate in missioni in Nordafrica, tra i quali i bombardamenti su Malta.

Il 24 giugno 1942 Benito Mussolini venne appositamente a Sciacca per decorare gli equipaggi del 102º gruppo con 9 medaglie d'argento, 5 di bronzo e 17 croci al merito. La sera stessa della premiazione gli equipaggi erano di nuovo in volo per altri attacchi delle postazioni inglesi a Malta.

Vennero anche decorati il Capitano Pietro Calisti ed il sergente Facchini, entrambi della 76ª squadriglia per essersi distinti in azioni di guerra su Malta.

Nel 1943 le operazioni aeroportuali si intensificarono controllando la zona del Canale di Sicilia divenuta precaria, a protezione dei trasporti e trasferimenti Nordafrica-Sicilia.

Nel mese di maggio del 1943 iniziarono i borbardamenti degli alleati contro gli obiettivi strategici del Mediterraneo: Sicilia, Sardegna e Calabria, in vista dell sbarco in Sicilia degli americani. I bombardamenti furono molto intensi anche in Sicilia e soprattutto a Palermo, causando centinaia di vittime tra i civili.

Lo Stormo costituito da tre gruppi di aerei:

Caccia
Fiat C.R.42
Macchi M.C.200
Macchi M.C.202
Reggiane Re.2000
Reggiane Re.2001
Messerschmitt Bf 109
Junkers Ju 87B 1
Bombardieri
Savoia-Marchetti S.M.79
Savoia-Marchetti S.M.81
Trasporti
Fiat G.12
Savoia-Marchetti S.M.79
Savoia-Marchetti S.M.81
Savoia-Marchetti S.M.82



San Vito (base aeronautica)



La San Vito Air Station è stata una stazione dell'aeronautica militare statunitense situata 40°38′41″N 17°50′19″E / 40.64472°N 17.83861°E / 40.64472; 17.83861 a circa 10 km nord nord ovest di Brindisi, in una posizione intermedia fra il porto di Brindisi e la città di San Vito dei NormanniComposto dal 7275º gruppo di base aerea statunitense, il San Vito AB ha cominciato nel 1960 come un'installazione esterna della base aerea di Aviano con il personale e le attrezzature di sostegno forniti dalla 6900mo stormo di sicurezza. Successivamente si è trasformato in un'installazione primaria dal 1º marzo 1961 essendo attivato dal servizio di sicurezza dell'aeronautica degli Stati Uniti (USAFSS). Dal 1º ottobre 1979, la base ha ospitato il 6917mo gruppo elettronico di sicurezza e altre unità e organizzazioni americane ed alleate. Dopo la caduta del muro di Berlino la base è stata molto ridimensionata ed oggi l'enorme antenna è stata smantellata. Nel 2000 è stata oggetto di un'interrogazione parlamentare[1]. Un incendio nell'estate del 2006 ha distrutto parte del villaggio.
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Negli ultimi anni i media italiani hanno scoperto e accertato tramite il rapporto "Interception Capabilities 2000", che anche nel nostro Paese si trovava un grande orecchio[2]: appunto la San Vito Air Station che godeva di una posizione ottimale dal punto di vista strategico durante la guerra fredda. Notizie accreditate testimonierebbero la presenza della CIA [3]. La base, ormai non più operativa dal 1994, presentava una struttura di antenne mastodontica (Wullenweber), con un raggio utile di intercettazione delle comunicazioni radio di circa 1.500 miglia.

Site Pluto



Site Pluto è il nome di una installazione militare statunitense situata presso Vicenza, a Longare, in passato destinata all'accumulo di testate nucleari (nuclear stockpile nel gergo militare statunitense).

Il sito è stato costruito a partire dal 1954, sfruttando una rete di grotte carsiche sotterranee che si intersecano nel sottosuolo del vicentino tra Longare e Costozza, ulteriormente ampliate ed allungate.

La rete di gallerie era già stata scoperta in epoca romana, ed era stata paragonata al labirinto di Minosse a Creta per via delle notevoli dimensioni.

Mappate nel 1759 (il disegno è datato 9 maggio) da Giovanni Domenico Dell'Acqua, pubblico perito della città di Vicenza, le cosiddette Grotte di Costozza apparivano come una fitta rete di larghi cunicoli e cavità, stimata già allora in 30 mila metri quadri di superficie.

Dell'Acqua le definì "una delle più singolari maraviglie d’Italia". All'interno si trovava uno stagno largo sino a 80 metri. Le grotte venivano usate dai paesani di Longare come centro di aggregazione e furono usate anche come cava di pietra, venendo sensibilmente ampliate. Durante gli scavi era necessario lasciare intatte pareti di pietra per sostenere la volta, che era fragile e avrebbe rischiato di cedere: questo rese le grotte artificiali tortuose quasi quanto quelle naturali.

Durante la seconda guerra mondiale il regime fascista sfruttò le grotte per installarvi una fabbrica (CARIM) di motori, di proprietà dell'Alfa Romeo, che ospitava tremila operai e produceva propulsori per i mezzi bellici; questo impianto fu possibile per via delle peculiari condizioni climatiche della grotta, che grazie alle correnti dei cunicoli manteneva una temperatura di 12 gradi, costante lungo tutto l'anno. La fabbrica venne catturata e gestita dai tedeschi dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943.

Quando nel 1955 l’Austria si dichiarò neutrale nella Guerra Fredda, gli Stati Uniti trasferirono i 10.000 soldati di stanza oltralpe in territorio italiano, in gran parte nella base di Vicenza. L'anno successivo la città divenne sede della SETAF, la South European Task Force, composta da due battaglioni di artiglieria equipaggiati tra le altre cose con armi atomiche.

Su richiesta del comando, lo stato italiano espropriò i tre quinti dei possedimenti nei pressi di Longare da cui si dipartivano le grotte, cedendoli agli Stati Uniti: in totale vennero ceduti 30.000 metri quadri di superficie su 50.000 totali.

Questa concessione rientrava probabilmente nell'ambito di un accordo militare stipulato tra USA e Italia il 20 ottobre 1954, il cui contenuto è tuttavia segreto. Il sito era affidato alla 559ª Compagnia di artiglieri, di cui facevano parte la 69a Ordnance Company, che aveva compito di manutenere le testate, e il 28º Distaccamento di artiglieria da campo americano cui era affidata l'eventuale difesa. Concorreva alla vigilanza del sito anche la Compagnia "Pluto" dei Carabinieri stanziata presso la caserma "Chinotto" di Vicenza.

L'ingresso alle grotte venne chiuso ai civili, e vennero cominciati una serie di lavori di consolidamento e costruzione sotterranea. Alcune gallerie furono prolungate andando a congiungere il nuovo Site Pluto con la base di Tormeno, dove era di stanza il 22º Distaccamento di artiglieria da campo americana e la 191a Explosive Ordnance, che aveva l'incarico di intervenire in caso di incidenti nucleari o di minaccia agli ordigni. Site Pluto venne congiunto anche alla base militare di San Rocco di Longare, a poca distanza, che ospitava la difesa missilistica antiaerea costituita dall'8ª Batteria del 2° Gruppo del 5° Reggimento artiglieria missili contraerei dell'Esercito italiano con 18 missili Raytheon MIM-23 Hawk di pronto impiego.

La base era pensata come parte della struttura difensiva NATO in caso di invasione dei confini orientali italiani (ad esempio, dal blocco balcanico). In questo scenario, il Friuli, la Venezia-Giulia e il Veneto sarebbero stati campo di scontro tra le forze occidentali e quelle sovietiche.
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Il piano NATO prevedeva l'utilizzo di alpini e fanteria d'Arresto come forze di interferenza e di arresto dell'avanzata, che avrebbero dovuto far guadagnare tempo sufficiente all'intervento delle armi atomiche statunitensi. Le forze in campo non avrebbero avuto possibilità di vittoria, ma avrebbero permesso l'utilizzo di mine nucleari e di artiglieria con proiettili atomici.[senza fonte]

Per questo vennero stanziati i reparti di artiglieria statunitense, e vennero effettuati alcuni test di mine nucleari presso il poligono militare di Romano d'Ezzelino.[senza fonte]

L'utilizzo di artiglieria avrebbe dovuto sopperire ai divieti riguardanti i missili a lunga gittata, e avrebbe dovuto garantire una cadenza di fuoco con proiettili nucleari estremamente elevata, nell'ordine di un colpo ogni 15 secondi. Le armi in dotazione alla base erano cannoni M-110 e cannoni M-109, che avrebbero dovuto usare rispettivamente proiettili "W-79" (5-10 kilotoni) e W-48 (0,072 kilotoni), poi sostituiti con i W-82 (2 kilotoni). Il raggio utile si aggirava tra i 20 e i 30 km.

Un secondo piano strategico, emanato nel 1958 con la serie dottrinale 600, stabiliva che in caso di invasione da Vicenza si sarebbe bombardato il terreno verso l'invasore tirando anche "negli spazi liberi fra gli elementi della difesa", cosa che avrebbe coinvolto numerose perdite civili. La serie dottrinale 700 (1963) avanzò la linea di bombardamento verso il confine, aumentando il ruolo delle truppe terrestri, mentre la serie 800 del 1971 vincolava l'uso di armi nucleari difensive ad un loro eventuale uso offensivo. Alla fine degli anni settanta venne emanata la serie 900, che riduceva il peso dell'arsenale nucleare in favore di una strategia integrata di truppe terrestri e forze aeree.

L'11 giugno 1989 su Epoca comparve un'inchiesta giornalistica a firma Giulio di Vita, che stimava in una tonnellata il plutonio presente a Vicenza, e faceva notare il rischio di sabotaggi e di incidenti in un'area densamente popolata.

Il 18 giugno 1989 il giornalista di Nuova Vicenza Alessandro Mognon pubblicò un'inchiesta dal titolo Longare, polveriera nucleare, esponendo numerosi fatti relativi al sito finora mantenuti segreti. Nel sito erano presenti non meno di 200 testate nucleari, circa la metà del totale presente in tutte le altre basi italiane.

L'armamento della base consisteva in diverse tipologie di ordigni.

[modifica] Mine nucleariSi trattava di mine terrestri di potenza estremamente variabile, da 0,1 a 15 kilotoni, e di peso contenuto ad una ventina di kg. Denominate "ADM" (Atomic Demolition Munition) o SADM (Special Atomic Demolition Munition), potevano essere trasportate da uomini o da paracadutisti, e sarebbero state usate per bloccare il transito nei colli di bottiglia dei passi alpini e sui ponti. L'inchiesta stimava la dotazione in 24 ordigni, che vennero consegnati intorno al 1963.

[modifica] Proiettili nucleariL'artiglieria avrebbe dovuto usare proiettili da 155 mm armati con testate atomiche a fissione. Furono dislocati nella base almeno 50 proiettili di vario tipo, che vi rimasero almeno fino al 1990, venendo più volte sostituiti con modelli successivi. Alcune di queste testate presenti negli anni cinquanta e sessanta rappresentavano un rischio di sicurezza, in quanto prive dei normali meccanismi contro l'innesco accidentale.
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29 altre testate furono messe a disposizione dell'esercito italiano, inizialmente di potenza variabile tra 5 e 40 kilotoni, poi sostituite, con l'aggiornamento dei piani strategici, da altre meno potenti (solo 0,1-1,1 kilotoni).

Era stata prevista anche una dotazione di proiettili dotati di bombe a neutroni, ma non si sa se siano state consegnate prima della chiusura del sito.

[modifica] Missili e le testate atomiche W7060 missili Nike Hercules vennero posti nella base di San Rocco ed affidati all'Aeronautica Militare Italiana, stoccati in postazioni sotterranee. I Nike Hercules erano guidati automaticamente, avevano 110 km di gittata utile, potevano raggiungere Mach 3,65 e 50.000 metri di altezza, portavano una testata da 2 kilotoni in grado di colpire sia aerei che missili.

Oltre a questi missili, vennero posizionate anche le testate atomiche per i circa 100 missili MGM-52 Lance, in sostituzione degli originari MGR-1 "Honest John" della 3ª Brigata missili "Aquileia" che erano invece stoccati nelle polveriere adiacenti il reparto operativo che li aveva in dotazione, il 3° Gruppo missili "Volturno". Questi, infatti erano dotati di testate di potenza estremamente variabile, le W70, da 1 a 100 kilotoni, i "Lance" avevano un raggio utile di 125 km e un raggio minimo di 5. Potevano viaggiare a mach 3. Il primo stock venne consegnato nel 1976; tra il 1981 e il 1983 fu realizzata una versione ai neutroni, la W70-3 che però non si sa se fu consegnata a Vicenza o meno. Questi missili erano considerati da alcuni insicuri, dato che la testata nucleare non era protetta contro incendi o urti accidentali, ma nella realtà non diedero mai prova di inefficienza.


Aeroporto di Amendola



L'Aeroporto di Amendola (ICAO : LIBA) è un aeroporto militare italiano situato a 15 km a nord est della città di Foggia, lungo la Strada Statale 89 Garganica in direzione di Manfredonia, nel territorio del comune di San Giovanni Rotondo . La struttura, intitolata alla memoria del tenente pilota Luigi Rovelli, medaglia d'oro al valore militare, è dotata di una pista in asfalto lunga 2720 m. L'aeroporto è gestito dall'Aeronautica Militare ed effettua esclusivamente attività militari, non essendo aperto al traffico commerciale.

Ospita il 32º Stormo dell'Aeronautica Militare, dal quale dipendono il 13º Gruppo CB (Caccia bombardieri) su velivoli AMX, il 101º Gruppo OCU (Operational Conversion Unit) (volto principalmente all'addestramento su AMX-T) e il 28º Gruppo Velivoli Teleguidati, dotato di velivoli a pilotaggio remoto (UAV) RQ-1 Predator. I Predator sono stati dispiegati operativamente in Iraq nel 2005 e in Afghanistan (2006-2007) [1].

Come accade con altri aeroporti militari, la base organizza degli "open day" per presentare al pubblico le attività della forza armata e i mezzi in dotazione. Alla manifestazione partecipano anche rappresentanze delle aeronautiche militari straniere.

Nome impianto Aeroporto di Amendola "tenente pilota Luigi Rovelli, MOVM"
Tipologia Militare
Esercente Aeronautica Militare Italiana
Stato Italia
Regione Puglia
Posizione circa 15 km a nord-est di Foggia
Altitudine AMSL 56 m
Coordinate 41°32′29″N 15°43′05″E



Gioia del Colle



Per la sua posizione strategica la base aerea di Gioia del Colle è considerata dalla Nato quella più importante del Mediterraneo, proprio per questo motivo il 36°Stormo ricopre un ruolo altamente importante nel sud Europa, esso ha la funzione di mantenere efficiente la difesa aerea nel contesto nazionale e europeo per i settori sud e sud Est, ruolo ancora più evidente nel momento in cui il 36° è passato da un doppio ruolo di C.B. (Caccia Bombardiere) e C.I. (Caccia Intercettore) al singolo ruolo che gli compete oggi, questo compito di difesa dello spazio aereo viene demandato dallo Stormo al 12°Gruppo C.I.
La struttura del 36°Stormo è composta anche da altri reparti oltre a quelli prettamente aeronautici, ai quali tra l’altro abbiamo dedicato delle sezioni specifiche in questo articolo, questi sono il 436° GTO (Gruppo Tecnici Operativi), del 536° GLO (Gruppo Logistici Operativi), il Gruppo Difesa e i Servizi Amministrativi.
Il 36°Stormo Hellmut Seidl sino dalla sua costituzione è sempre stato impegnato in prima linea, in attività sia addestrative che, in alcuni casi, reali. Tali impegni nel terzo millennio appena iniziato sono state veramente molteplici. Inoltre, nel descriverlo bisogna considerare che nella sua storia più recente il 36°Stormo ha potuto disporre, per un periodo abbastanza prolungato, di ben tre Gruppi di Volo, con ruoli diversi tra di loro, senza tralasciare che anche all’interno dello stesso Gruppo c’è stato un cambiamento di ruolo. Esaminando le missioni svolte dallo Stormo queste peculiarità verranno messe in risalto.
Partiamo dalle lunghe trasferte Nord Americane dove il 36°Stormo ha partecipato con i due Gruppi C.I. (Caccia Intercettori del 12° e 21°) all’esercitazione Green Flag a Nellis negli Stati Uniti, mentre per il 156°Gruppo C.B.(Caccia Bombardieri) ricordiamo i rischieramenti in Canada a Goose Bay per esercitarsi al volo a bassa quota, luogo dove per alcuni anni c’è stata una base permanente dell’A.M. Altri trasferimenti, magari meno impegnativi ma sicuramente particolari, sono stati quelli in Egitto dove gli uomini ed i mezzi del 36° parteciparono alla Bright Star '01 e alla Nile '03. Per i velivoli dei Gruppi Caccia dopo gli attentati dell’11 settembre diventanosempre più frequenti i rischieramenti in territorio nazionale e internazionale per garantire la copertura aerea in caso di importanti eventi politici, ovviamente presenziati dai più importanti Capi di Stato delle potenze mondiali. Le esercitazioni dei Gruppi di Gioia del Colle a volte hanno lo scopo di addestrare altre strutture dell’A.M., una di questi eventi denominata “Giopolis 2001” è stata organizzata proprio sulla base pugliese per addestrare il personale del COFA (Comando Operativo delle Forze Aeree). Le altre esercitazioni “fuori area” a cui hanno partecipato alternandosi i tre Gruppi sono state: “Dynamic Response ‘03”, “Combined Air Forces Reharsal 2004”, “Arcade Deployex”, “Anatolian Eagle”, “Autumn Flag ‘06”, poi ci sono le varie Spring Flag, esercitazione con cadenza annuale in Sardegna a Decimomannu dove tutti e tre i Gruppi hanno partecipato con i vari velivoli Tornado IDS e ADV, MB 339CD e infine l’anno scorso con gli Eurofighter, le esercitazioni “Mare Aperto” in collaborazione con la Marina Militare sempre a scadenza annuali, mentre invece con cadenza mensile le TLP (Tactical Leadership Program) che caso unico in Italia se ne è disputata una sessione proprio presso il 36°Stormo.
Ricordiamo inoltre che il 36°Stormo ha vinto quattro volte il Trofeo Arco d’Oro, un premio concesso dalla Brigata Caccia Intercettore per il reparto che consegue i migliori risultati nell’arco dell’anno, le prime due volte in maniera assoluta, successivamente ex-equo con il 5°Stormo prima ed il 37°Stormo poi.
Un evento cui non si poteva non rendere notizia è stata la partecipazione al Tiger Meet di Beja in Portogallo nel 2002 quando il XII Gruppo del 36°Stormo su Tornado ADV a presenziato al posto dell’ormai indimenticabile 21°Gruppo "Tigre" posto in “Posizione Quadro” l’anno prima.
Con il passaggio del XII Gruppo dal Tornado ADV al MB 339CD, muta anche il ruolo del reparto, l'impiego degli MB 339CD in missioni “Slow Movers Interceptor” (intercettazione di piccoli velivoli o elicotteri), diventa molto frequente in occasione di eventi di rilevanza mondiale ed ha l’intento di scoraggiare eventuali attacchi terroristici. Per questo motivo troviamo il XII Gruppo schierato durante i vari G 8, oppure a Roma per la firma della Costituzione Europea, o a Torino per le Olimpiadi Invernali. Nonostante questi impegni il XII, insieme a tutto il personale dello Stormo, inizia l’impegnativa attività di “On Job Training” presso la base di Grosseto per la conversione sul Typhoon.
Il 36°Stormo da poco tempo a perso uno dei suoi reparti storici, il 156°Gruppo “Le Linci”, il quale tra l’altro ha portato l’effige dello Stormo nel Golfo Persico durante l’Operazione Locusta del 1990-1991 contribuendo alla liberazione del Kuwait, e che ora con i suoi Tornado IDS è stato trasferito a Ghedi (Brescia), con l’intento di armonizzare la linea Tornado.
Il 36°Stormo di oggi è impegnato con tutte le proprie risorse nel completamento della transizione sul nuovo velivolo Typhoon.
E’ un’attività che coinvolge tutti gli enti del Reparto, sia di volo che logistici. La transizione in atto ha comportato profondi cambiamenti infrastrutturali e procedurali ma considerato i risultati ottenuti questa operazione sembra avviarsi verso il pieno successo e per il futuro si parla con sempre maggior insistenza dell’arrivo di un ulteriore Gruppo (il quarto su Eurofighter) a Gioia del Colle.
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L’attuale Comandante del 36°Stormo di Gioia del Colle è il Colonnello Pilota Giampaolo Marchetto, laureato in Scienze Aeronautiche e in Scienze Politiche è nato a Varese il 30 giugno del 1966, entra in Accademia nel 1985 frequentando il Corso Eolo IV, consegue nel 1990 il Brevetto di Pilota Militare presso la scuola ENJJPT (Euro Nato Joint Jet Pilot Training) di Sheppard negli Stati Uniti.
Nel 1991 ha effettuato, a Grosseto, la Conversione Operativa sul Caccia Intercettore F 104S ed è stato successivamente assegnato al 10°Gruppo del 9°Stormo di Grazzanise dove consegue la Combat Readiness. Sempre al 10°Gruppo in ordine cronologico ha comandato l’84a Squadriglia, è stato Ufficiale addetto alla Sicurezza Volo e infine Capo Ufficio Operazioni. Nel 1995 si sposta presso la Scuola di Guerra di Firenze per partecipare al Corso Normale, il termine del Corso coincide nuovamente con il suo ritorno negli “States” presso la Scuola Aviogetti della Nato ENJJPT questa volta come Istruttore sul velivolo T 38A Talon, ricoprendo tra gli altri l’incarico di Vice Flight Commander presso la sezione Corso Istruttori. Nel 1999 rientra in Italia ancora al 9°Stormo di Grazzanise dove vi rimane per due anni prima di essere trasferito al 5°Stormo di Cervia, dal 2001 data del suo arrivo a Cervia fino al 2003 è Comandante del 23°Gruppo prima sul velivolo F 104S ASA M e successivamente, dopo il Corso di Conversione presso Tucson in Arizona (USA), sul velivolo F 16ADF Fightning Falcon,

una volta terminato il Comando di Gruppo viene incaricato di svolgere la mansione di Capo Ufficio Operazioni (2003-2005).
Ancora una volta il ritorno negli Stati Uniti per frequentare il Corso anno accademico 2005 per Joint and Combined Warfighting presso il Joint Force Staff College di Norfolk (Virginia).
Al rientro in Italia assume l’incarico di Capo Sezione Addestramento e Standardizzazione presso il Comando Aquila di Bari e successivamente quello di Capo Ufficio Piani Operazioni ed Addestramento. Da Bari a Milano questa volta al costituendo Comando delle Forze da Combattimento dove gli viene assegnato l’incarico di Capo Ufficio Difesa Aerea, l’ultimo passaggio della lunga carriera è quello che lo porta al comando del 36°Stormo il 7 luglio del 2008.
Oltre a tutti questi incarichi il Colonnello Marchetto è insignito delle Medaglie di Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana, Anzianità di Servizio, Lunga Navigazione, e delle Medaglie conferite dalla Nato per le operazioni in Ex Yugoslavia e Kosovo.
Il 36°Stormo è intitolato a Riccardo Hellmut Seidl, Seidl nacque a Napoli il 19 aprile del 1904, Colonnello Pilota della Regia Aeronautica, memorabile eroe della Seconda Guerra Mondiale decorato con la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria.
Entrato come allievo all’Accademia Navale di Livorno divenne Guardiamarina nel 1925 e successivamente nel 1927 Sotto Tenente di Vascello, consegui il Brevetto di pilota e fu imbarcato su diversi incrociatori. Nel 1933 passò alle dipendenze della Regia Aeronautica e come Capitano comandò le Squadriglie 166 e 201, in seguito l’88°Gruppo Autonomo.
Nel 1938 partì volontario per la guerra di Spagna dove comandò un Gruppo da bombardamento veloce ottenendo due Medaglie d’Argento al valor Militare grazie al suo coraggioso apporto alle operazioni belliche.
Al rientro in Italia venne promosso Tenente Colonnello e successivamente nel 1941 Colonnello.
Con l’entrata dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale al fianco degli alleati tedeschi la Regia Aeronautica si trovò a dover fronteggiare la minaccia della flotta britannica nel Mare Mediterraneo, già dal 1940 venne sperimentata e sviluppata una nuova specialità “aerosiluranti”, inizialmente i velivoli utilizzati erano i Savoia Marchetti SM 79 mentre dal 1941 con i più potenti SM 84, acquisendo sempre più esperienza la Regia Aeronautica creò nuovi Gruppi dislocati nel Mare Egeo in Sicilia e in Sardegna, reparti che operavano nell’area del Mediterraneo alla caccia di navi alleate, fu proprio durante una di queste missioni che Hellmut Seidl, allora Comandante del 36°Stormo, decollato da Decimomannu in Sardegna alla testa di una formazione di aerosiluranti venne abbattuto il 27 settembre del 1941 dopo aver colpito una nave da Guerra inglese al largo dell’isola La Galite (Tunisia).
 
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